Il mio primo incontro con il “marziano” Sistino
Da piccolo, vivevo dirimpetto “aru Monumentu”; la casa in fitto aveva un balconcino che dava sulla strada principale, ricordo l’odore della frutta e della verdura fresca che risaliva dal locale di “Luigi da frutta”. Dall’angolo destro del balcone, infilando le scapole tra le asticelle della ringhiera, potevo scrutare un’astronave di vetro atterrata proprio all’inizio della benzina di Carolei. All’interno della nave spaziale facevano bella mostra tanti barattoli arancioni con scritte blu, sarà sicuramente stato il cibo di quel marziano che aveva deciso di atterrare nel nostro piccolo paesino.
Di tanto in tanto il marziano faceva capolino nella sua astronave, borbottava qualcosa, poi usciva portando con sé strani oggetti. Quando passavo con il mio papà davanti “la benzina”, il marziano era sempre lì, ed io cercavo di isolare dalla mente qualunque altro rumore pur di captare la sua strana voce extraterrestre; rimasi ancor più sbalordito quando un mattino il mio papà, per salutarlo, gli si rivolse con un “buongiorno Sistì!”, fu in quel momento che realizzai che quel Sistì era sicuramente un marziano. Gli amici terrestri del mio papà erano Giovanni, Franco, Giuseppe e, a parte “Frenk”, che il mio papà mi spiegò chiamarsi così perché “veniva dall’America”, io uno che si chiamava “Sistì” non lo avevamo mai conosciuto!
Il giorno in cui incontrai faccia a faccia il marziano non lo dimenticherò mai… Mia nonna aveva una casetta a rione San Giovanni, a due passi “du Monumentu”. Una delle stanze di casa affacciava sul bar di Tonino De Marco. Dalla finestra di quella stanza passavo ore ad osservare la gente che passeggiava per il corso, facendo su e giù tra il “lungomare” e a “chiasa du Carmine”. Era sempre mia nonna che il pomeriggio delle belle estate caroleane scendeva al bar per comprare una coppetta di gelato o un ghiacciolo, ma, un bel giorno, ella aprì il pugno della mia piccola mano, vi ripose qualche lira, poi strinse la mia manina nella sua e disse: “Belli i nonna, scinna tu aru barru a ti piglià u gelatu, io oji nun m’ha fiu tantu, ti guardu da finestra”. Scesi le scale di corsa, prima di attraversare la strada alzai gli occhi al cielo cercando d’incrociare il suo sguardo e, quando lei annuì, ebbi uno scatto da lepre. Con tutta la mia timidezza entrai nel bar in punta di piedi, se chiudo gli occhi ancora ricordo l’odore di quel locale – penso non lo dimenticherò mai – era un misto di caffè tostato, fumo di sigaretta e altre essenze che non saprei descrivere. Seduto su una sedia c’era il marziano che parlava con Tonino, ridevano; non trovavo il coraggio di chiedere il mio gelato, il marziano mi vide lì fermo, mi sorrise e poco dopo, sempre sorridente, disse: “vida chi vo u guagliuniaddru” con un timbro vocale da vero extraterrestre. Prima di uscire dal bar feci per alzare la mano in segno di saluto e, sebbene avessi voluto alzare e agitare quella mano quasi fino a toccare il cielo, la maledetta timidezza mi portò a sollevarla poco sopra la pancia, tanto mestamente che quel saluto, forse, al marziano passò del tutto inosservato.
Dopo quasi quarant’anni, facendo rinascere in me quel bimbo sognatore, mi fa piacere pensare che quel marziano ha oggi deciso di rimettete in moto la sua astronave, abbandonando Carolei con la consapevolezza di aver dato e amato tanto questo piccolo e meraviglioso paesello.
Ciao marziano, buon viaggio, un giorno ci rivedremo e forse avrò modo di raccontarti questa storiella… già immagino le grasse risate che ti farai.
Un ringraziamento a Giovanni Muoio per la gentile concessione della foto di copertina.
Gianfranco Forlino