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Pantanolungo, un borgo magico tutto da scoprire

Nell’articolo che segue sono riportate solo alcune fotografie. Tutto il materiale video-fotografico (davvero tanto) è stato invece inserito nel video riportato a fondo pagina.

La frazione di Pantanolungo (circa 800 abitanti negli anni ‘50) un tempo ha rappresentato il cuore pulsante di Carolei, forse il principale centro del paese. Questo piccolo lembo di terra è ricco di storia e leggenda. Il nome Pantanolungo è di origine incerta, per alcuni potrebbe avere derivazione greca e significare “lamento dei morti”, probabilmente per via del rumore generato dalla tramontana che spira in alcune zone del paese e che si mescola al fruscio dello scorrere del fiume Acheronte, affluente del Busento, che, in prossimità del massiccio dell’Alimena (termine greco che significa posto senza rifugio, inesorabile), si incontra con le acque del torrente Canalicchio. Per altri Pantanolungo richiama origini greche a indicare un posto scavato dall’acqua che fluisce dalle alture verso il letto del fiume.

La storia si intreccia con la leggenda: Alessandro il Molosso e re Alarico

Proprio sulle sponde dell’Acheronte, tra Mendicino e il territorio di Pantanolungo, nel 331 a.C. si narra che trovò la morte il re d’Epiro Alessandro il Molosso, zio di Alessandro Magno. Secondo lo storico romano Tito Livio e lo storico-geografo greco Strabone, il Molosso, intervenuto in difesa dei Tarantini in battaglia con persone della confederazione brutia, fu qui ucciso da un giavellotto, parte del suo corpo fu poi trasportato a dorso di un mulo fino alla vicina città di Cosenza. La leggenda vuole che il re, prima di scendere in campo, interrogò l’oracolo di Giove Dodoneo – il più antico della Grecia – : “Guardati dall’Acheronte e da Pandosia” fu il responso; il re, trovò rassicurazioni dal vaticinio, ritenendo che la profezia si riferisse al fiume e alla città siti nella periferia dell’Epiro (Tesprozia), mai avrebbe immaginato di ritrovare l’Acheronte e Pandosia in terre cosentine.

Altra leggendaria storia lega Pantanolungo a re Alarico, secondo alcuni studiosi il re dei Goti nel 410 d.C. potrebbe essere stato sepolto proprio nei pressi di Pantanolungo… Alcune grotte situate sul costone roccioso dell’Alimena, che sovrasta il fiume Acheronte, potrebbero rappresentare il luogo di sepoltura del re.

La causa della morte di Alarico rimane ancora oggi un mistero, per alcuni si verificò in seguito alla malaria, per altri per via di un agguato nemico, per altri ancora a causa delle ferite riportate durante una battaglia che lo vide contrapposto a suo nipote, reo di avergli sottratto una delle donne “bottino” del Sacco di Roma.

All’interno di una delle grotte succitate è situato un altare pagano con coppelle di origine incerta, in molti ipotizzano gotiche. Profonde fenditure nella roccia riempite di sabbia, probabilmente proveniente dall’alveo del fiume sottostante, lasciano spazio alla fantasia, cosa celano queste profonde cavità? Forse le spoglie del re visigoto?

Eppure la presenza visigota in quest’area non è solo inventiva… Difronte le due grotte, in zona Rigardi, scolpita nella roccia trova posto una croce lapidea; Rigardi è un toponimo gotico che significa guardare verso un posto con rispetto; nella stessa zona si trova la necropoli della “Stiddra”, anch’essa potrebbe avere origini gotiche (leggi questo articolo). Sono tanti, troppi gli elementi che lasciano intendere che in questa area tra Mendicino e Carolei si è scritto un pezzo importante di storia.

Nelle verdi gole sottostanti il massiccio dell’Alimena, negli anni ‘50, volenterosi pantanolunghesi, costruirono, solo grazie alla forza di volontà, una strada, la stessa che oggi collega il borgo con la località Ponte Alimena, tra l’altro, da poco oggetto di una importante bonifica che ha visto impegnati il Comune di Carolei e quello di Mendicino, nonché diverse associazioni di volontari (vai al video)
La via sorge ai piedi di quella che gli abitanti del posto chiamano ancora “A timpa de’ cacummare”, la collina dei corbezzoli, ad indicare un’area ricca di questo particolare frutto.

La strada (Provinciale n.84) si incrocia, in prossimità con il dismesso ponte Alimena (1921), con la strada Provinciale n. 81 (Carolei-Mendicino) e costeggia il massiccio dell’Alimena che, oltre a custodire le misteriose “grotte di Alarico”, nasconde un altro anfratto facilmente accessibile e molto suggestivo. Leggenda vuole che un tempo in questa grotta abitasse un eremita, custode di un misterioso nascondiglio che celava un importante tesoro.

 

La natura a trecentosessanta gradi

Le affascinanti pareti rocciose del posto sono meta degli appassionati di free climbing; negli anni diversi arrampicatori si sono cimentati nello scalare le rocce, dando vita a diversi percorsi, ancora oggi meta di molti appassionati.

Le pareti rocciose dell’Alimena sono meta di appassionati di free climbing

Poco più avanti, sotto il ponte, è ancora possibile scorgere i resti di quello che è stato il primo mulino di Pantanolungo, qui un tempo il fiume era leggermente deviato affinché potesse incontrare le pale del mulino ottocentesco. La struttura venne utilizzato fino al 1948, l’ultimo mugnaio che vi lavorò pare fosse un certo Salvatore Filipelli.

Quel che resta del vecchio mulino di Pantanolungo

 

Il fiume Acheronte separa la frazione Pantanolungo di Carolei da Mendicino, per l’esattezza da località Terredonniche o, da come veniva chiamato un tempo il posto, “vigne cavude”, zona in cui l’uva baciata dal sole dava vita a un ottimo vino, al contrario di Pantanolungo, area quasi sempre in ombra, “aru manchiu”.

Il fiume Acheronte. Separa Pantanolungo dal territorio di Mendicino.

Risalendo verso il centro del borgo, sulla sinistra, imbattendosi nella vegetazione è possibile ammirare spuntoni di roccia che, imponenti, si ergono nel fitto bosco, una zona che gli abitanti del posto chiamano “u puzziddru” in zona Petrara. Un tempo meta dei bambini di Pantanolungo, il sentiero veniva utilizzato per raggiungere un vicino campo pianeggiante, “u chianu e Lorna”, qui i fanciulli trascorrevano spensierati le ore giocando a pallone. Il posto è tanto magico che se ci si sofferma in silenzio, chiudendo gli occhi, è quasi possibile immaginare la voce dei bambini festanti che percorrevano il sentiero. Entrare nei boschi di Pantanolungo significa rimanere inebriati da un riverbero di natura magica, ma con la chiara cognizione di trovarsi dinanzi l’essenza del naturale.

Il Vallone dei Briganti

Altro posto ricco di storia è il “Vallone dei Briganti”, si racconta che qui, nel luglio del 1866, un gruppo di briganti dei paesi limitrofi a Carolei, si fermò dopo aver rapito il figlio del latifondista mendicinese, Nicola lento. Il loro intendo era quella di risalire con l’ostaggio, attraverso la valle dei Relli o dello Ntinnale, nella vicina Potame e Monte Cocuzzo. Scappando dall’inseguimento della Guarda Nazionale di Carolei, Domanico e Lago, si fermarono nel vallone dopo le Caselle Baroni, dinanzi loro una roccia a strapiombo ne avrebbe impedito la fuga, intrappolandoli. Scovati dalle forze dell’ordine, si racconta che i briganti cercarono di porre resistenza nascondendosi nella folta vegetazione; l’assedio durò un paio di giorni, durante i quali avrebbero trovato la morte diciassette briganti e tre carabinieri. Solo un brigante non perì, riuscì a scappare ma fu poi scovato da un contadino che lo minacciò con un tridente. Si racconta che il brigante implorò pietà, “facimu u san Giuvanni” gridò al contadino che, impietositosi, lo lasciò scappare. In segno di resa il brigante consegnò al contadino il suo fucile, tutt’ora custodito da una famiglia mendicinese.

 

I rioni di Pantanolungo

Nel percorso che porta al centro del paese ci si imbatte nel primo rione di Pantanolungo. Ogni rione del borgo si contraddistingue per una sua sorgente e un suo forno. 

Le case del borgo di Pantanolungo sono quasi tutte realizzate con la pietra calcarea del posto, utilizzando, anche, la calce prodotta “ara carcara”; un forno scavato nel terreno, nel quale la pietra frantumata veniva cotta per diversi giorni, così da poterne poi ricavare una malta cementizia. La calcara di Pantanolungo, così come il Mulino, costeggiava sempre il fiume Acheronte. Insomma, Pantanolungo aveva tutto il necessario per far vivere dignitosamente i suoi abitanti; rinomati sono i castagneti della zona, così come le aree di pascolo che assicuravano carni, latte, grano, lana e pelli. E proprio il grano era il cibo prediletto da corvi e cornacchie, che solcavano in lungo e in largo i cieli di Pantanolungo, rifugiandosi in quella che veniva chiamata “a timpa de’ ciavule”.

Ogni piccola pietra del borgo ha una sua storia da raccontare, così come la bifora posta nei pressi della chiesetta della Madonna di Piedigrotta, edificio sacro costruito nella prima metà dell’Ottocento per mano di un certo “piruozzu” e ampliato nel 1906. La bifora senza pilastrino potrebbe essere stata realizzata dagli scalpellini del posto, per alcuni è invece il “ricordo” lasciato dal maestro Annibale Taliente da Ostuni che, in seguito al terremoto dell’8 settembre 1905, lavorò insieme ai pantanolunghesi nella ricostruzione della chiesetta semidistrutta. Proprio del terremoto che colpì il paese, si racconta un curioso aneddoto… l’anno prima del tragico episodio, per qualche motivo si decise di traslare il giorno della rituale processione in onore della Madonna, il destino volle che quell’anno Pantanolungo fu colpito dal violento terremoto…

La bifora di Pantanolungo

Entrare nei rioni di Pantanolungo significa approdare in un posto cristallizzato in cui ogni elemento architettonico ha una sua storia, come la suggestiva “vota”, i gradini ricavati nella pietra, le travi di legno che ancora reggono il peso delle antiche costruzioni. Nei rioni di Pantanolungo il tempo scorre lento, scandito solo dal fruscio del vento e dei ruscelli, dal profumo della natura, tutti elementi che evocano un’atmosfera d’altri tempi e che celebrano frammenti di vita e ricordi indelebili.

Sutt’ a vota

Pregevole il lavoro fatto da Franco Conforti, pantanolunghese doc che da qualche anno ha deciso di rientrare nel suo “paradiso” con la sua Chiara. Insieme hanno investito molto. Franco ha voluto fortemente riprendere quel sogno lasciato a metà da ragazzo, rinnamorarsi del suo territorio. Quando parli con persone “rapite” da Pantanolungo, scorgi nei loro occhi una luce diversa, frutto di una strada che collega gli occhi al cuore, senza passare per la mente. Negli occhi di Franco ho scoperto la stessa luce che illumina gli occhi di Giovanni Muoio, un altro uomo incantato, follemente innamorato della sua Pantanolungo.

Incantevole lo scorcio della casa paterna di Franco, per suo volere il rudere è stato ripreso esteriormente, ma lasciato intatto nell’interno. Ancora oggi è così possibile ammirare il caminetto dell’epoca, i tiasti, i settariaddri, a cascia du pane, i cassarole… È come se il tempo si fosse fermato, lasciando la fantasia libera di librarsi su ogni angolo di quel posto e immaginarlo ancora popolato dalle stesse persone che per tanti anni lo hanno vissuto.

Uno scorcio della casa paterna di Franco Conforti

 

Gli emigranti

Di pantanolunghesi esiste una vasta comunità a Montreal. Chi può rientra nei mesi estivi per assistere, l’8 di settembre, alla tradizionale festa. Proprio coinvolgendo i migranti di Pantanolungo si sta cercando di ripopolare il borgo, si sta infatti lavorando a importanti progetti che si spera possano essere realizzati quanto prima.

Giovanni Perri, originario di Pantanolungo, emigrato in giovane età in Canada, oggi ristoratore affermato a Montreal, ha restaurato l’abitazione in cui era nato e vi trascorre sempre più tempo con la sua famiglia, tutti innamorati del borgo; la stessa scelta ha fatto Eduardo Madrigrano che è nato a Montreal, da genitori emigrati da Pantanolungo, dove adesso svolge la sua attività di imprenditore. Egli ha comprato due piccole abitazioni in cui torna con la famiglia in vacanza più volte l’anno. I più giovani delle rispettive famiglie amano Pantanolungo quanto i genitori e tornano sempre volentieri per assaporare una qualità di vita diversa dal resto del pianeta. Davvero particolare la scelta di un canadese doc, l’ex deputato dell’Assemblea Nazionale del Quebec e notaio Vincent Auclair, con incarichi importanti nel governo canadese e in alcune Università in tutto il mondo, che ha deciso di acquistare una vecchia casa di Pantanolungo per farne la sua residenza ideale, senza avere legami di sangue con questa terra e solo per l’amore che la natura pantanolunghese gli ha ispirato. Tutti insieme hanno un sogno che condividono con gli abitanti di Pantanolungo e con altri emigranti che è quello di restaurare sempre più il borgo, renderlo vivibile e conosciuto al di là dei confini caroleani, sulle colline che gli amici canadesi hanno ribattezzato “Pantano Hills.

Il posto che gli amici canadesi di Pantanolungo hanno ribattezzato “Pantano Hills”.

 

Personaggi illustri

Pantanolungo ha dato i natali a importanti personaggi come Orfeo Reda, il tenente medico Luigi Antonio Reda, medaglia d’oro al valore militare, il professore Vincenzo Reda, “U prufessuaru Giminu”.
Il Maestro Orfeo Reda, nato a Pantanolungo nel 1932 è un pittore di fama mondiale, le sue opere sono esposte presso la Pinacoteca di Pompei, il Museo di Altomonte, in collezioni private, presso Enti pubblici di tutto il mondo. Il Maestro potè garantirsi gli studi grazie alla caparbietà del padre, Alfonso, che, sempre al suo fianco gli garantì le somma necessarie agli studi grazie alla vendita di un immobile di proprietà sito nel centro del paese di Carolei; Ad Alfonso Reda, impegnato come soldato nella Prima Guerra Mondiale, nel 1970 fu riconosciuto il titolo di Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto, mentre i pantanolunghesi lo ricordano ancora oggi per aver dato vita – impegnandosi fattivamente anche nella ricerca dei fondi necessari – alla strada che collega il borgo con Cosenza.
Del professore Giminu molti ricordano i suoi metodi per invogliare allo studio… per far comprendere ai suoi alunni il concetto matematico di volume, e per rendere la materia più appetibile, pare il professore portasse i suoi alunni nel bosco facendogli misurare, anche, le dimensioni dei tronchi delle querce e dei castagni, così da calcolare quanta legna da ardere se ne potesse ricavare.

Omaggio al prof. Vincenzo Reda “U prufessuaru Giminu”

E come dimenticare don Beniamino Savaglio… Con oltre cinquanta anni di attività sacerdotale nel comune di Carolei, ha rappresentato un pezzo importante della storia di Pantanolungo. Tutti ricordano con riconoscenza e affetto. Uomo di grande fede e ferrea volontà, rimase nella frazione di Pantanolungo, assicurando la messa nella Chiesa della Madonna di Piedigrotta fino al giorno in cui la malattia lo costrinse a letto.

Don Beniamino Savaglio. Uomo di grande fede e ferrea volontà

Nel dicembre del 2015 ha visto la luce un personaggio per bambini e ragazzi le cui avventure sono ambientate nella Valle dell’Alimena e a Pantanolungo. Si tratta di un falco grillaio antropomorfo, la cui colonia è originaria della Murgia Materana, in Basilicata, e che si perde nella Valle e diventa il paladino della salvaguardia ambientale di un posto che merita rispetto. Due le avventure che portano il suo nome, “Eustachio Naumann, Le montagne che camminano (2015)” e “Ritorno alla Grande Gravina Bianca (2017)”, di Assunta Morrone con le illustrazioni di Jole Savino (Falco Editore); nel suo tragitto il falchetto incrocia sulla sua strada molti personaggi ispirati dalla realtà di Pantanolungo e suoi dintorni. Sul falco Eustachio è stata scritta, anche, un’opera lirica per bambini con le musiche originali del Maestro Vincenzo Palermo.

Oggi nell’incantevole borgo di Pantanolungo poche persone (n. 32 residenti) vivono ancora il territorio, ma lo fanno con amore, tanto che chi visita il posto rimane affascinato dai loro racconti, ne rimane sedotto, smanioso di rivivere con la fantasia le meravigliose giornate trascorse qui da chi non aveva un briciolo di tecnologia, ma viveva in simbiosi con le meraviglie che madre natura ha voluto regalare a questo borgo fatato.

Un particolare ringraziamento a Chiara Grassi, Franco Conforti e Giovanni Muoio.


Gianfranco Forlino

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