Cultura & Società

Addio al dott. Guido Silvagni, medico illuminato

Entravo “addu miadicu” sempre con la mano stretta forte forte a quella di mia madre, ancora oggi non so se fosse più grande il timore di far capolino nella sala d’attesa o quello di essere visitato “du miadicu”; le panchine di ferro smaltate, il brusio della gente e il “rintoccare” con cadenza quasi regolare dei loro colpi di tosse, l’odore dei farmaci; una dimensione quasi mistica, anticamera di un incontro con un uomo con una capacità medica assoluta, che andava ben oltre le conoscenze di un dottore “normale”.

Nella sua stanza entravo sempre in punta di piedi, con quel timore frutto della tremarella e della paura di disturbare, tipica di un bambino. Quasi sempre arrivava il momento di rimanere a torso nudo, i brividi di freddo, poi un calore rassicurante, che ti culla, che dà sollievo, il calore del suo volto ripiegato sulle mie spalle, il suo orecchio – migliore di qualunque avveniristico stetoscopio – ad auscultare il mio respiro. “Respira… respira… respira”, le sue parole cadenzate, pronunciate a diretto contatto con la mia pelle sembravano prodigiose, le avvertivo nel mio corpicino ancor prima che giungessero all’orecchio. Una sensazione strana, quasi magica.

Il dott. Guido Silvagni viveva appieno la professione, non la interpretava. Diligenza e perizia hanno sempre contraddistinto la sua vita da medico illuminato, prima ancora di trovare la cura sapeva sempre infondere la speranza. Addio e grazie caro Dottore.

Gianfranco Forlino