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Amate la vita perché la vita è bella!

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato il post di Francesco Zerbino volto a sensibilizzare noi tutti sulle condizioni di vita delle persone con disabilità. Ritorniamo sul suo messaggio per ribadirlo, approfondirlo, rafforzarlo, farlo echeggiare forte perché diventi prioritario.

Di seguito alcune domande che Giosina Bifano con la sua bella penna ha posto al nostro Francesco. Le risposte sono un inno alla vita! Leggetele e rileggetele. “Amate la vita perché la vita è bella!”


Le va di raccontarci la sua storia?

Certamente, innanzitutto mi presento, sono Francesco, ho 35 anni e sono diversamente abile.

Ho una malattia neurologica degenerativa, mi è stata scoperta quando avevo 9 anni, mia madre ha notato una scapola più sporgente rispetto all’altra, lei in realtà mi guardava attentamente perché già da prima notava differenze tra me e gli altri bambini, ma quando il pediatra ha confermato che questa scapola fosse più alta sono iniziate le visite per capire cosa fosse.

Mi hanno portato a Roma dove una equipe di medici ha iniziato a indagare su di me, pediatri, neurologi, ortopedici e fisiatri per capire quale fosse il mio problema, nel settembre ’97 sono stato sottoposto ad un’elettromiografia ed una biopsia muscolare, che hanno confermato la diagnosi di distrofia. Da lì sono iniziate le visite continue, piscina riabilitativa, fisioterapia, e le speranze, per una cura (ad oggi non ancora arrivata), il panico, l’ansia e le paranoie di non sapere cosa fare, cosa mi sarebbe successo. Alcuni dicevano che stavano bene, altri dicevano che peggioravano giorno dopo giorno, altre persone un po’ “ignoranti” dicevano ai miei genitori che sarei morto a 20 anni. Vi lascio solo immaginare l’ansia che avevano i miei genitori nel crescermi, cercando di farmi vivere nella serenità più assoluta.

Loro assecondavano ogni mio desiderio, volevo la bici ed era la più bella che potesse esserci in quel momento, ma poco dopo ho notato la difficoltà nello spingere i pedali, così ho chiesto un motorino, mio padre subito senza chiederlo due volte si precipitò a prenderlo, ma anche la guida di questo era diventato complicato perché era difficile mantenerlo in equilibrio da fermo, a volte capitava che cadevo e doveva venire qualcuno ad alzarmi, perché purtroppo le mie sole forze non erano abbastanza, era difficile per me dover chiedere aiuto, i miei erano troppo in ansia a sapermi sul motorino, così lo abbandonai con molto dispiacere e in compenso presi una macchinina di quelle con il patentino, ovviamente tutti questi cambi erano una dura spesa, ma non chiedendo nulla ai miei genitori, se non questo svago, facendo sacrifici mi hanno sempre accontentato e supportato nelle mie scelte, per un po’ di tempo è rimasta la mia macchinina ma con il passare del tempo, e soprattutto dell’età la mia voglia di avere un’auto tutta mia, una vera macchina si faceva sempre più viva, dati i miei problemi ho atteso il raggiungimento del diploma per prendere la patente, ma qualcuno aveva deciso che io la patente non avrei dovuto prenderla, o meglio prendere una patente speciale con comandi al volante e altre cose che io non accettavo. Ho fatto ricorso, con il supporto, come sempre di tutta la mia famiglia, e dopo aver dimostrato le mie capacità, ho preso la mia tanto attesa patente. Ho acquistato la mia prima vera auto ed ero emozionatissimo, ho deciso dopo circa 5 anni di cambiarla per avere un nuovo brivido, una macchina ultra veloce, bella e stilosa, in modo da farmi guardare non per il ragazzo malato ma per quello con la bella macchina. Dopo circa un anno nonostante le felicità che avevo, nonostante l’essere grato nell’essere vivo (rispetto a quello che avevano detto ai miei genitori) ho avuto un crollo, la mia schiena non reggeva più o meglio non più come prima, avevo bisogno di poggiarmi sempre, ero stanco dopo solo due passi o un gradino, e li prontamente la mia famiglia mi ha supportato nell’acquisto di una carrozzina, ho incontrato anche qui persone spregevoli, pronti a guadagnare su problemi altrui, ma poi ho conosciuto Silvio, un ragazzo umile, pronto ad aiutarmi in ogni mia scelta o richiesta, pronto a soddisfare ogni mio dubbio, ma soprattutto pronto a rivolgermi un sorriso e uno sguardo fraterno e non compassionevole. Ho preso la mia prima sedia a rotelle e nonostante i vari consigli dell’utilizzo, ho sempre scelto di usarla poco e soprattutto solo in casa, pur di non usarla fuori, non uscivo più o meglio uscivo rimanendo nel mio posto sicuro, la mia macchina.

La mia prima uscita con la mia nuova “compagna” è stato un matrimonio, tutti mi guardavano strano, una mia amica addirittura si è commossa, in quanto non avevano minimamente idea di questa mia situazione. Da lì ho capito che l’umanità, forse, non è così male e ho ripreso ad uscire, fare passeggiate in luoghi accessibili e grazie ad una piscina in cui provavo a fare terapia ho conosciuto un ragazzo autistico che frequentava un’associazione per disabili, di cui non solo non ero a conoscenza, ma era proprio del mio paese, così preso dalla curiosità sono andato a dare un’occhiata, e ho conosciuto l’ArcadiNoé. Associazione stupenda, in cui lavorano persone dal cuore d’oro, che dedicano la loro vita alla comunità, alla solidarietà, all’amicizia e alla fratellanza, loro mi hanno fatto sentire “normale”, ognuno li ha un proprio compito, ognuno li è utile, tra musiche, balli, teatro, animali, verdure e fiori passavano le mie giornate, fin quando un giorno è arrivata una volontaria, Giorgia, che non avevo mai visto. Lei molto spigliata ha iniziato a fare amicizia e giorno dopo giorno ha conquistato il mio cuore, avevo paura, non volevo “rovinarle la vita” ma lei prontamente mi ha dimostrato che la vita non ha limiti, mi guarda negli occhi come solo pochi sanno fare, senza pietismo e senza dispiacere. Una mia grande paura era anche la famiglia, che in realtà dal primo momento che mi hanno visto, mi hanno accettato come un figlio, non potrò mai ringraziarli abbastanza per l’amore che mi dimostrano. Ad oggi viviamo sereni la nostra storia, con un po’ di barriere architettoniche ma non sentimentali, la mia e la sua famiglia mi supportano sempre di più e io nel frattempo attendo che la scienza vada avanti e trovi una cura per questa belva che da dentro mi impedisce di fare le cose più semplici.

Cosa significa oggi avere una disabilità?

Oggi vivere con una disabilità vuol dire vivere male. Oltre gli occhi delle persone che ti guardano male, con pietismo e quant’altro, un problema grave è vivere. A noi disabili al 100% ci danno una pensione di circa 500€, con i quali se non fosse per l’aiuto economico che mi danno i miei genitori, non saprei cosa dover fare per primo, sappiamo benissimo che oggi la vita è diventata molto cara e con questi pochi soldi è molto tirata.

La disabilità vuol dire avere sacrifici da fare, rinunce e posti del cuore da dover eliminare. Bisogna sempre cercare una comodità prima di andare anche ad una semplice cena, bisogna cercare una spiaggia adatta che in Calabria ad oggi ho trovato solo al Valentino Beach Club, struttura appositamente creata per disabili, con sedie particolari che ti portano direttamente in acqua, ti sorreggono o ti lasciano fare il bagno, ma non mi sembra giusto doversi allontanare di 100 km per fare un bagno al mare. Trovare una stanza in cui stare è difficilissimo perché oggi tutti vogliono le stanze piccole ma per me servono enormi, trovare un bar in cui prendere un caffè, andare a fare una passeggiata sperando che le discese dei marciapiedi siano libere o andare a fare la spesa con la speranza di non trovare il parcheggio disabili occupato da auto prive di tesserino o con tesserino presente ma magari senza disabile. Sarebbe facile migliorare la vita di un disabile, con un’accortezza verso cose semplici, un sorriso vero e non pietoso e un accorgimento da parte dello stato, pensando che queste persone devono provvedere alle loro esigenze, alla casa e a tutte le spese che la malattia gli impone.

Nonostante le leggi, nel luogo in cui vive sono diverse le barriere architettoniche e di conseguenza molti i rischi. Cosa sente di dire agli enti locali?

Il mio paese non è accessibile in tutto e per tutto, ma in confronto ad altri paesi almeno qualcosina riesco a farla, c’è la pizzeria ristorante Wind’s Eden che mi permette di svagare e mangiare in maniera eccezionale, uno spazio chiamato “lungomare” che mi permette di passeggiare.

Ovviamente ai miei paesani mi verrebbe da dire di avere qualche accortezza in più, lasciare liberi i passaggi, i parcheggi e dove mancano le rampe sistemare per far sì che l’accesso sia possibile a tutti.

Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere?

La domanda mi chiede qual è il messaggio ma in realtà da parte mia è più di uno, i messaggi che vorrei trasmettere sono, allo stato, di aprire gli occhi, aumentare le pensioni e soprattutto aumentare gli aiuti.

Alla sanità, di aprire i loro orizzonti, io per eseguire delle visite ho dovuto chiamare medici e farli venire a casa, perché nessun centro ha un lettino attrezzato per noi disabili, sono tutti alti e “irraggiungibili” per noi, in ospedale era impossibile prenotarsi per le attese lunghe mesi.

Ai proprietari di attività commerciali vorrei dire che noi disabili siamo clienti come tutti gli altri e come tutti abbiamo il diritto alla comodità, al bagno e alla tranquillità di poter entrare ed uscire senza paura di cadere o rimanere bloccati.

Ai miei compaesani (non di paese ma del mondo) vorrei dire di essere più umani, di utilizzare i posti dedicati a loro e lasciare liberi i nostri, perché ci servono spazi più ampi per muoverci non perché vogliamo essere più vicini alle porte, a noi non secca camminare. Vorrei dire di essere più aperti nella mentalità, che se un disabile è seguito da una donna non per forza è la sua badante, magari come nel mio caso è la mia compagna di vita. Vorrei far capire che non devono portare pietà ma uguaglianza.

Il mio messaggio è rivolto a tutti, i disabili non sono contagiosi, i disabili non hanno bisogno di pietà, i disabili hanno bisogno di un giusto riconoscimento, economico, personale e sociale. Con questo vi ringrazio, spero che il mio messaggio possa arrivare al maggior numero di persone possibili, e come ultima cosa mi sento di dirvi AMATE LA VITA PERCHÈ LA VITA È BELLA!

Saluti Francesco.